Un'esplorazione sul tema del Bene e del Male richiede innanzitutto - da qualunque angolazione la si intraprenda - una grande dose di coraggio, e non solo per gli aspri territori da cui si è costretti a passare.
Questione "eterna", per quell'eternità di cui è illusoriamente fatta la vicenda umana, il crinale è scivoloso e a rischio continuo di banalizzazioni o tentennamenti "moralistici", nel senso di operanti giudizio, offuscando dunque lo sguardo quanto all'arduo tentativo di osservare il "fenomeno" con la mera necessità di trovarvi un senso, una qualche ragion d'essere.
Con un procedere quasi da "fenomenologo" e debitore insieme della propria lunga esperienza di analista - dove la sospensione del giudizio è una delle pratiche fondamentali che permettono l'emergere di parole e di senso nei vissuti spesso dolorosi e contraddittori di chi approda in analisi -, Andrea Arrighi, psicoterapeuta e analista junghiano a orientamento filosofico, ci offre in questo saggio un'originale e assai utile disamina di che cosa possano significare in concreto, nel concreto delle nostre quotidianità, le parole "bene" e "male", spogliandole così di quell'usura che spesso ce le restituisce svuotate di senso.
Lo fa "armandosi" di due strumenti di viaggio essenziali: il riferimento al cinema e alla psicologia junghiana, in particolare concentrandosi sul concetto cruciale di Ombra.
A partire da una passione personale per l'"oggetto filmico" e dalla propria esperienza clinica in materia, sostenuto in questo da un uso sempre più diffuso del dispositivo cinematografico in ambito terapeutico (come racconta Liliana dell'Osso, citata da Arrighi, p. IX, nota 2).
Il cinema è una forma d'arte estremamente adatta per descrivere, ricreare e comunicare situazioni che nascono dal disagio psichico. Le immagini interagiscono con lo spettatore, a livello conscio e inconscio e il dispositivo filmico ha una fortissima analogia con il linguaggio onirico nel quale prevalgono le immagini sulle parole.
L'autore ci accompagna in un minuzioso percorso di analisi dei comportamenti di alcuni protagonisti di film perlopiù noti al grande pubblico (per citarne alcuni: Il padrino, Guerre stellari, Arancia meccanica, Maleficent, ...), osservati attraverso il complesso prisma della psicologia analitica junghiana.
Nelle parole di Andrea Arrighi (p. XII):
I personaggi cinematografici che sono qui presentati raccontano diversi modi di stare in contatto con il cosiddetto Male. Anzi, Bene e Male sembrano trasformarsi di volta in volta in qualcosa di differente in base al tipo di vita che si è scelto di condurre. I protagonisti stessi sono abbastanza differenti tra loro nel rapportarsi ai lati più oscuri individuali e collettivi: sono prevalentemente drammatici ma alcune volte tragicamente comici! Il Male sembra quasi consistere in ciò che ognuno di noi trascura, fino a svalutarlo eccessivamente, nella propria esistenza. In termini semplici, la parola stessa Ombra indica che ogni volta che noi poniamo attenzione a qualcosa o qualcuno, inevitabilmente non diamo uguale importanza a qualcos'altro. Gli aspetti valorizzati finiscono per essere definiti come Bene, mentre quelli in ombra costituiscono il Male.
Osservato attraverso questa luce - e attraverso il corrispondente "cono d'ombra" -, l'agire molteplice e multiforme di questi protagonisti assume dunque contorni specifici che l'autore sintetizza innanzitutto in tre "tipologie" fondamentali, utili per orientarci noi stessi attorno alle polarità di "bene" e di "male": gli indemoniati, ovvero coloro che si lasciano travolgere "dalle loro scelte, scarsamente capaci di trasformare le esperienze negative con cui hanno a che fare o di dare il giusto valore ad aspetti trascurati della loro storia di vita" (p. XIV); i sacrificati e sacrificanti, coloro che "dovranno sacrificarsi, in senso letterale, per ottenere una trasformazione significativa nel loro contesto sociale" (ibidem); infine gli equilibristi, "quelli che possiamo sommariamente definire gli individui nella norma, eroi più per caso che per scelta, soggetti che hanno trovato varie forme di equilibrio, comunque precario, attraverso i lati più oscuri della loro vita e cultura" (ibidem).
Ed è proprio in quest'ultimo luogo - quello dell'equilibrio e della consapevolezza di una inevitabile precarietà - che si trovano secondo Andrea Arrighi gli antidoti e le risorse per evitare di essere travolti dal negativo: l'equilibrio infatti, così come la precarietà, implicano di per sé il riconoscere le diverse sfumature che compongono il vivere, smarcandosi quindi innanzitutto dall'unilateralità, una delle caratteristiche che maggiormente connotano l'esperienza del cosiddetto "male", al di là dell'orizzonte perseguito. Emblematico in questo senso il riferimento al film Hungry Hearts (di S. Costanzo, Italia, 2015), dove una madre apparentemente animata dalle migliori intenzioni (alimentazione sana) arriva a mettere in pericolo l'esistenza stessa del proprio bimbo appena nato.
Prezioso sarà qui il riferimento all'Ombra, al lato trascurato, poiché, come scrive Andrea Arrighi (pp. 155-156)
Valorizzare l'Ombra, il proprio lato trascurato, significa allora, almeno temporaneamente, vivere in modo significativamente opposto a come si era vissuto fino a quel momento. Gradualmente si trova un personale equilibrio tra quello che si era e quello che si è. Soggiornare nell'Ombra, cioè valorizzare ciò che finora è stato trascurato, significa quindi scoprire e inventarsi un nuovo modo di vivere. Si cerca un equilibrio costantemente precario tra più opzioni, consapevoli che luci e ombre hanno tempi differenti per essere vissute, ma entrambe hanno un loro senso, anzi, creano il senso dell'esistenza stessa, producendo con il loro stesso contrasto, l'energia necessaria a ogni nostra esperienza
Solo questo passaggio potrà allora permetterci di (pp. 169-170)
rintracciare un nuovo modo di pensare e vivere, e anche una nuova etica, che dovrà allora immagine altrimenti, uscendo specificamente dalla necessità di ipotizzare sempre eroi che salvano così come cattivi da punire. [...] Certamente, in questa nuova etica, nessuno potrà quindi più pensarsi come unilateralmente positivo o buono. Piuttosto, ognuno sarà tenuto ad ammettere o a rintracciare il più possibile i lati oscuri di sé e del proprio contesto di appartenenza, così da riuscire, almeno in parte, a evitare di vederli proiettati su nemici, su altri e diversi da sé.
Aiuterà in questo l'analisi di alcuni film in particolare che l'autore propone, segnali confortanti di un mondo in possibile trasformazione. Uno per tutti, Maleficent, rivisitazione "dalla parte della strega" della celebre fiaba della Bella addormentata (p. 178):
Il personaggio tradizionalmente cattivo, la strega, è descritto come un soggetto che riesce, dopo varie vicissitudini, a trasformare il negativo in positivo, ma soprattutto a compiere un importante passo, per quanto ci riguarda: lasciare intravvedere la fine dell'eroe stesso, inteso come soggetto quasi totalmente positivo e legato all'infinito al suo ruolo di salvatore ciclico dell'umanità.
Nel gioco del ribaltamento dei ruoli, che tuttavia non approda a un mero scambio di posizioni bensì a una rilettura più articolata dei differenti ruoli - dove luci e ombre vengono entrambe riconosciute e legittimate -, s'intravede allora la possibilità concreta di questa nuova etica, via possibile di comprensione e integrazione dell'atavica lotta tra bene e male.
Recensione a cura di Susanna Fresko.
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